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Intervista al prof.Frezza sulle "Prostate Unit" (PCU) - Bologna Dicembre 2022

Come è nata questa intervista, chi siamo.

  • L’intervistato è il dott. Giovanni Piero Pompeo Frezza, di seguito GF, è il direttore della Unità Operativa di Radioterapia dell'Ospedale Bellaria di Bologna, e professore a contratto dell’Università di Bologna.
  • L’intervistatore è l’ing. Mario Salmon, di seguito MS, del consiglio direttivo di EUROPAUOMO, che è stato curato nel reparto del prof. Frezza.

Il tema dell’intervista è le “prostate unit” (in inglese PCU per Prostate Cancer Unit) equivalenti alle Brest Unit per il tumore alla mammella.

MS: dottore buongiorno questa volta non vengo da lei come paziente ma “con il cappello” di rappresentante di EUROPA UOMO per intervistarla sul tema delle “prostate unit” e, con l’occasione, la ringrazio per le cure fattemi negli ultimi anni.

Comincio quindi prendendola un poco alla larga: perché mai le PCU? Perché in quasi tutti gli ospedali del mondo occidentale sono presenti delle PCU, che motivi ci sono per la loro creazione?

GF: le PCU sono una risposta, forse “la” risposta, all’aumentata complessità dell’oncologia, e di quella prostatica in particolare, che richiede non solo un approccio multidisciplinare ma anche multiprofessionale specifico: le cure possibili sono molte, e molto diverse fra foro e quindi , difficilmente, possono essere gestite con un approccio puramente “specialistico” all’interno di reparti specifici. Il caso del tumore alla prostata è, in questo, simile al tumore alla mammella per il quale, non a caso, sono sorte, da diversi anni, le “Brest Unit” per la cura delle sole patologie del seno.

MS come, aimè, paziente mi chiedo: sarei curato meglio? Avrei cure migliori?

GF oggi nei nostri ospedali il tumore alla prostata è curato molto bene con standard definiti a livello europeo ma all’interno delle PCU le cure miglioreranno ulteriormente per effetto della specializzazione, il chirurgo farebbe molti più interventi, dell’approccio multidisciplinare che eviterebbe il fatto che, oggi spesso, ogni specialista suggerisce le “sue” cure. In un ambiente multidisciplinare sarebbe più facile anche scegliere, per ogni caso, la cura “giusta” tenendo presenti le esigenze personali anche in termini di “qualità della vita”.

MS quindi, concludendo: si sarebbe curati meglio in una PCU?

GF Sicuramente sì! Il concetto alla base è di affrontare in maniera multidisciplinare tutte le problematiche del paziente, che è importante anche per assicurare al paziente, per esempio, anche il supporto riabilitativo, che adesso è spesso carente

MS: ma come funziona una brest unit e come dovrebbe funzionare un PCU?

GF: sono centri, appunto, dove il paziente trova presenti tutte le terapie e quindi tutte le professionalità utilizzabili per la cura e la guarigione e dove il “percorso” del malato è completamente seguito e gestito non da uno specialista singolo ma da un team con molte professionalità complementari.

MS certamente, il paziente sarebbe seguito in modo continuo: vedo bene i vantaggi per il paziente ma questa organizzazione costerebbe di più al SSN? In questi tempi è un dato importante.

GF: No, la creazione di GPU non potrebbe un aumento di spesa, forse addirittura qualche econmia perché si può realizzare una gestione più snella. Sicuramente si ridurrebbero i tempi di attesa, le cure non appropriate, e aumenterebbe la specializzazione. Un team multiprofessionale è il luogo ideale per aumentare le conoscenze personali! Si potrebbero realizzare anche incontri e attività di formazione. La presenza di numerose PCU locali, sparse nel paese, darebbe poi luogo a una rete di unità che, parlandosi tra loro, renderebbe le cure più omogenee nel paese e sarebbe un ulteriore acceleratore del progresso nelle cure del tumore.

MS in Italia c’è sempre la paura a creare nuovi centri e nuove unità: siamo pieni di scatole vuote o di castelli nel deserto. C’è questo rischio anche qui?

GF Non credo proprio. Si tratta di strutture funzionali non di strutture fisiche e gerarchiche. Non è necessario creare nuovi reparti o “letti” ma di lavorare per progetti trasversali alla struttura con personale distaccato part time. Poi, come in ogni attività si deve cercare un sistema di misura e di controllo per la definizione, verifica e correzione del suo funzionamento.

MS come tax-payer mi chiedo se non c’è il rischio di creare una autostrada e non avere poi le auto?

GF certo, ci potrebbe essere il rischio di non raggiungere la massa critica di due- tre cento malati all’anno, purtroppo non è questo il problema: i malati non mancano, anzi.

MS: tutto bello e positivo! Ma allora come mai così pochi ospedali hanno delle PCU?

GF: in mancanza di una normativa nazionale “dall’alto” mancano delle motivazioni, diciamo, locali e prevale l’inerzia di mantenere la struttura tradizionale definita quando la medicina era più semplice e non vi erano esigenze di approcci multidisciplinari! La creazione di PCU non ha delle vere controindicazioni ma richiede una capacità di innovazione nell’organizzazione organizzativa ospedaliera non sempre presente. Il motore del cambiamento deve essere, al solito, la volontà della dirigenza.

MS: e per vincere questa inerzia?

GF: sarebbe bello che il SSN emanasse delle orme ma, nell’attesa, dovrebbe essere i pazienti a sollevare il problema, evidenziarlo e farlo conoscere: conferenze, simposi, articoli sulla stampa, presenze alla TV dovrebbero “far maturare” l’idea. Il modello, anche qui, dovrebbe essere quello delle brest unit che sono nate sotto la spinta delle associazioni di pazienti e che, solo dopo, sono state normate dal ministero.  Sono passati molti anni tra l’idea e la sua realizzazione e la sua normazione.

MS ho finito le domande! Dot, Frezza, grazie del suo tempo, auguri di Buone feste, speriamo di rivederci presto (ma non nella sua veste di medico!)

 

CONCLUSIONE, IN ESTREMA SINTESI

Nell’attesa quindi che le strutture ospedaliere e ministeriali si muovano, mi sembra, che tocchi a noi, rappresentanti dei pazienti, far crescere la conoscenza e la utilità di queste unità; spero proprio che questa intervista possa contribuire in tal senso.

La prima cosa da fare, come EUROPA UOMO, è attivarci per fare per far conoscere i benefici per il paziente di farsi diagnosticare, curare e seguire da delle PCU.

Ci auguriamo che questa intervista sia utile in tal senso.

Intervista raccolta da
Ing. Mario Salmon Bologna 28 novembre 2022.

 

CHI E’ IL PROF. FREZZA, ESTRATTO DA SUO CV

Laureato nel 1978, dal 1978 al 1985 ha frequentato l’Istituto di Radioterapia  del Policlinico S. Orsola di Bologna conseguendo il diploma di specializzazione in Oncologia(1981) e in Radioterapia (1985) presso l’Università di Bologna.

 Dal 1985 al 1999 ha prestato servizio presso il Servizio di Radioterapia Oncologica dell'Ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia e  l'Istituto del Radio “L. Galvani” del Policlinico S. Orsola di Bologna.

 Dal 1999 al 2022 è stato direttore della Unità Operativa di Radioterapia dell'Ospedale Bellaria di Bologna, dove si è occupato prevalentemente di neoplasie della mammella, del polmone, della prostata e di neoplasie cerebrali.

E’ stato Principal Investigator dello studio “Radioterapia con frazionamento convenzionale vs. radioterapia ipofrazionata ed accelerata a modulazione di intensità “Image Guided”  nel trattamento dei tumori prostatici a rischio basso e intermedio”

Dal 2005  al 2022 il dr. Frezza è stato Direttore del Dipartimento di Oncologia dell'Azienda USL di Bologna.


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Chi siamo

Europa Uomo Italia ONLUS è il Forum Italiano del Movimento europeo Europa Uomo - The voice of Men with Prostate Cancer in Europe -, costituito da 27 Paesi, dedicato al raggiungimento dei 10 obiettivi del Manifesto per la prevenzione, la diagnosi e la cura del tumore della prostata.